Ritorno in Marocco
C’è stato un tempo in cui ero di casa più in Marocco che in Italia. Ho anche vissuto un anno nel Paese magrebino, ad Essaouira, la città del vento, sull’Oceano Atlantico. Ma anche dal punto di vista lavorativo andavo e venivo in continuazione per conto di riviste italiane di turismo. Poi, come per alcuni grandi amori, arriva prima o poi la fine, anche senza motivo. Altre destinazioni, altre opportunità e qualche “incomprensione” sono stati tutti fattori determinanti. Dopo molti anni, davvero tanti, ho l’opportunità di tornare in Marocco, anche se molto brevemente, in occasione di un viaggio stampa per pochissimi invitati. Vedremo, nel mio caso, rivedrò, Rabat, la capitale, Meknes e Fes, tre delle quattro città imperiali del Marocco. Resterà fuori Marrakech in quanto abbastanza lontana per un giro così breve. Sarà per la prossima volta. Sono molto curioso di rivedere quella che è stata, si può dire, una seconda casa per me. Sono consapevole che il tempo passato può aver cambiato le cose, in meglio o in peggio, si vedrà. Anche se con solo 3 giorni a disposizione e senza i miei abituali ritmi di lavoro in quanto parte di un gruppo, non so quanto coglierò del cambiamento.
Atterrati a Casablanca ci spostiamo subito a Rabat, la capitale, dove dormiamo per cominciare il giro il giorno seguente. Non voglio tediare chi legge con il diario dettagliato dei giorni trascorsi ma alcune considerazioni mi sento di farle. Ho notato, nelle medine, le zone pedonali dedicate alle attività artigianali, meno gente in abiti tradizionali di un tempo. E più in generale meno affollamento, ma questo probabilmente è dovuto alla partecipazione del Marocco ai campionati del mondo di calcio in corso in Qatar e quindi meno gente in strada. Non mi ricordavo invece di quanto fosse “controllato” il territorio dalle forze dell’ordine, polizia ed esercito. E sicuramente altrettanto personale di sicurezza era in borghese e quindi non riconoscibile se non per il fatto che ogni tanto alcuni di loro interagivano in maniera confidenziale con quelli che evidentemente erano amici in divisa incrociati durante i controlli. Il controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine porta come corollario il fatto che più di una volta, con il cavalletto a terra, sono stato fermato per capire chi fossi e cosa stessi facendo. Anche se a quanto pare, almeno nel mio caso, il problema non era tanto per la fotografia quanto per il video. Nel momento in cui ho risposto che stavo facendo fotografie, e non video, non sono andati oltre con i controlli. A proposito di fotografia e controlli… Il Marocco è uno dei pochi Paesi al mondo che vede i droni come un attentato assoluto alla propria sicurezza interna. Dunque chiunque abbia a che fare con i droni, come il sottoscritto, sappia che far entrare un drone in Marocco, e ancor di più farlo volare, può portare a conseguenze molto gravi, dalla confisca del mezzo a multe e, nel caso, alla prigione.
Tornando al viaggio. Per Rabat da non perdere è la Kasbah degli Oudaïa e il tè alla menta al Cafè Maure con vista sul fiume e il mare poco lontano. A Meknes il Mausoleo di Moulay Ismail è, a mio avviso, una delle prime attrazioni da visitare. Fes, la più antica tra le quattro città imperiali, è senza ombra di dubbio la “star”. Con la medina più estesa di tutto il Marocco che è anche l’area pedonale più grande al mondo, la città santa fondata dagli Almoravidi è stato di sicuro il momento più alto del mio breve viaggio. Io, personalmente, la preferisco anche alla più rinomata Marrakech, troppo inflazionata dai turisti. Sono tornato al famoso suk dei conciatori, quello della conceria Chouara dove, tra decine di vasche riempite dai colori vivaci e dall’odore forte, si danno da fare i conciatori tra pacifici gatti che invece hanno scelto questo luogo come punto d’incontro. I gatti, ecco qualcosa che avevo dimenticato. Ce ne sono tantissimi e sono dappertutto, girano indisturbati anche nelle moschee perché il gatto, a differenza del cane che è considerato impuro, è un animale venerato nell’Islam. Si racconta che anche il profeta Maometto aveva una gatta di nome Muezza. Il profeta amava a tal punto l’animale che, pur di non svegliarla dal sonno, si tagliò la manica della veste sopra la quale l’animale si era addormentato. Direi che è il momento di lasciare spazio alle immagini, un breve sunto di quello che ho registrato con la mia macchina fotografica durante questa toccata e fuga in Marocco.