Napoli, un passo nel passato, uno in medioriente e un altro in cucina
Napoli “e mille culur” canta una canzone di Pino Daniele che aggiunge pure, purtroppo che “Napul è na carta sporca e nisciun se n’importa”. Napoli è la città regina delle contraddizioni, una città che vive di regole proprie e in questo suo atteggiamento medio-orientale ha trovato un proprio equilibrio, una dimensione tutta sua. Napoli è disordine e caos, per chi arriva da fuori, ma un napoletano ci si trova ad occhi chiusi, la città è disegnata addosso ai suoi abitanti. E non potrebbe essere altro che così. Città capace di gesti generosi ma anche di piccoli e grandi problemi, sempre legati alla confusione che regna sovrana. Non voglio entrare troppo in un’analisi sociale e storica sul perché delle cause, le origini e quant’altro. In questa sede sono solo un testimone di quella che è stata per tanti anni la città dove sono cresciuto, ho studiato e ho imparato la vita. Quella vita che poi mi ha portato a girare molto per lavoro, come fotoreporter, ma è la vita di Napoli che mi sono portato sempre dietro in valigia e in testa quando ho visto Paesi e culture diverse. Ma perché nel titolo si parla di cucina? Semplice. Napoli è la regina in Italia dello street food, si mangia per strada a tutte le ore e con pochi soldi si possono provare pizze fatte al momento, arancini, fritture di pesce, sfogliatelle e babà. Le foto che seguono sono un po’ di street, un pò di reportage classico e un poco di architettura monumentale. La zona alla quale si riferiscono le immagini, però, è tutta relativa al centro storico, quell’intricato dedalo di viuzze e slarghi che alimentano i due Decumani che tagliano la città, quello superiore e quello inferiore.